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Nelle ultime due puntate della rubrica abbiamo attraversato il filone dell’Informale sotto l’aspetto materico e sotto l’aspetto spaziale.

Articoli Precedenti: 
L’Informale: Lo spazialismo. Il taglio su una tela è un’opera d’arte?
L’Informale: le combustioni di Alberto Burri.

Oggi affronteremo la corrente Informale sotto l’aspetto gestuale. In Italia, questa corrente si può in parte associare con la Scuola Romana, un movimento caratterizzato da una figurazione bassa, tendente alla brutalità accennata di Dubuffet, che sposa l’Espressionismo e si ribella alla compostezza del Novecento. E’ influenzata dal linguaggio internazionale d’avanguardia, dal post-cubismo e raggiunge un compromesso astratto-concreto.

Afro Basaldella, Angelica, 1964

A questa “Scuola” aderisce anche un pittore friulano, nato a Udine nel 1912, Afro Basaldella.
La sua formazione avviene tra Firenze e Venezia ma la sua pittura si plasma per la maggior parte grazie alle sue incursioni romane tra la fine degli anni ’20 e gli anni ’30, periodo in cui aderisce, come sopra citato, alla Scuola Romana. Nella seconda metà degli anni ‘40 si avvicina al Cubismo e sviluppa una particolare sensibilità nei confronti di una sintesi lineare e coloristica. Punto in comune con gli altri artisti italiani esponenti della corrente Informale gestuale, come sopra scritto. Ciò che però condiziona e rende caratteristica la sua arte è la contaminazione e la giunzione con l’arte americana.

Con l’approdo negli Stati Uniti, nel 1949, dopo aver esposto al MoMa alla mostra “XXth Century Italian Art”, Afro entra a far parte del gruppo di artisti che orbitano attorno alla gallerista Catherine Viviano. Grazie a queste esperienze, la sua arte si avvicina sempre di più all’Espressionismo astratto americano andando a delinearsi come Arte Informale. Prenderà soprattutto spunto da Kline e De Koonig. Il suo percorso Informale è legato al gesto e all’improvvisazione dell’azione. Utilizza spesso dei collage e le linee e i colori hanno un impianto irregolare e sfrangiato. I protagonisti delle sue opere dagli anni ’50 in poi sono macchie e segni contrapposti. Questo utilizzo spesso del nero, nella rappresentazione di linee a tratti sinuose a volte spezzate, quasi ad indicarne un utilizzo calligrafico, la cui derivazione si può probabilmente riconoscere nel pittore americano Cy Twombly. Le opere diventano immediate e di forte impatto cromatico e segnico, ma non per questo non meditate ed attentamente studiate.  Afro è uno dei casi che ha caratterizzato il periodo del dopoguerra: la grande emigrazione di artisti europei verso gli Stati Uniti. Grazie alla loro presenza, che fornì grandi stimoli, si è innescata una serie di esperienze che sul suolo americano avrebbero prodotto molte novità, soprattutto nel secondo dopoguerra. Questo fenomeno ha prodotto uno spostamento dei baricentri artistici. Se prima Parigi poteva ben considerarsi la capitale mondiale dell’arte moderna, questo primato si è successivamente spostato verso New York.

Afro Basaldella, Sesamo, 1966

E’ così, se un artista come Afro, nato dal figurativo e dallo studio della luce e dei colori, approda a quell’Informale gestuale, quell’impeto che si distacca dall’impostazione neoclassica e riceve un forte influsso dalle novità di oltreoceano, in America vanno a formarsi correnti innovative e nuove. Lì approderemo nel prossimo articolo assieme al rappresentante dell’Action Painting: Jackson Pollock.

FOCUS CASA CAVAZZINI

Potete toccare con mano alcune delle opere di Afro Basaldella direttamente a Casa Cavazzini, Museo Civico di Arte Moderna e Contemporanea di Udine. Inaugurato nel 2012, il museo si estende negli interni dell’edificio che un tempo furono di proprietà della famiglia Cavazzini. Una famiglia di mercanti di tessuti che acquistò l’intero edificio nel 1937, alla morte del proprietario Gustavo Colombatti. Quest’ultimo, agli inizi del ‘900, aveva affittato a Dante Cavazzini gli spazi del piano terra per esercitare la sua professione di negoziante di tessuti. Alla fine degli anni ’30, con la nuova proprietà, il primo piano dello stabile fu fatto ristrutturare dall’architetto Ermes Midena, trasformando  così gli ambienti in un appartamento moderno, attrezzato di tutti i comfort. Al suo interno sono visibili tutt’oggi parte degli arredi originari e le tempere murali che Afro Basaldella realizzò nel 1938 su alcune pareti e soffitto di alcune stanze. Afro Basaldella è visibile anche nelle altre sale del Museo che ospitano la collezione permanente. Alcune della sua fase giovanile, nel suo periodo ancora figurativo, altre che rappresentano, negli anni ’50 e ’60, la sua aderenza all’Informale.

Afro Basaldella, Silver Dollar Club, 1967

E’ consigliata una visita al Museo per mettere in pratica con gli occhi le esperienze che state percorrendo con la lettura della Rubrica del Contemporaneo.